C’è una linea sottilissima tra sostenibilità e greenwashing (ecologismo o ambientalismo di facciata), e per raccontare efficacemente la prima e scongiurare la seconda occorre saper coinvolgere gli stakeholder attraverso un linguaggio preciso, che chiarisca gli obiettivi ed esemplifichi le modalità di raggiungimento degli stessi.
Stando all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ideata dall’Assemblea delle Nazioni Unite, le direttrici delle attività per i prossimi anni verteranno attorno a 17 Sustainable Development Goals, che rappresentano il piano d’azione globale per sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità. Fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo, relativi a tematiche di ordine ambientale, sociale, economico ed istituzionale.
Si tratta di obiettivi pretenziosi, che richiedono un monitoraggio continuo e costante delle attività messe in atto. Le aziende, per chiarire il proprio impegno e quantificarlo, stanno sempre più mirando a soddisfare gli indicatori ESG (Environmental, Social e Governance), che sono l’evoluzione diretta del concetto delle 3P (People, Planet, Profit) nato negli anni ’90 con lo scopo di guidare le imprese verso una nuova concezione di business. L’obiettivo è arrivare a migliorare le condizioni ambientali e sociali, partendo dalla vita dei lavoratori per giungere all’immagine di una reputazione green vicina a un business sostenibile pensato per durare nel tempo, con un accesso a nuove forme di capitale e mercati, consapevoli del proprio impegno nel fronteggiare i rischi connessi al riscaldamento globale.
Al fine di verificare l’impegno del management dell’azienda e quantificare se e quanto questa investa nell’ideazione di un mondo ESG, vengono annualmente redatti bilanci di sostenibilità, in cui passo dopo passo sono descritte tutte le azioni intraprese. Ma come è possibile comunicare efficacemente questo bilancio, evitando pagine e pagine, in un flusso spesso di difficile interpretazione, limitante nella comprensione effettiva dell’impatto? Un alleato in questa sfida può essere il video, che trasmette in poco tempo le informazioni salienti all’audience specifica, alternando contenuti ed emozioni in un flusso calibrato di immagini e silenzi. Vediamo ad esempio i bilanci di sostenibilità per Gruppo IREN e SAPIO, sintetizzati da Social Content Factory in due video.
Nessuna voce s’intromette ed è la musica ad orchestrare le sequenze: nel video realizzato per il bilancio di sostenibilità di SAPIO si è scelto di esordire con “C’era una volta un pianeta con qualcosa di unico, un equilibrio perfetto che oggi è in pericolo”, proseguendo con focus rapidi su stimoli ambientali differenti, dalle strisce bianche e nere del congestionato incrocio di Shibuya fino alle innevate creste di una montagna. Questa sequenza rapidissima è l’incipit che ha poi richiamato l’urgenza di tornare a una realtà diversa, che dovrà basarsi su responsabilità, imprenditorialità ed equità, valori fondatori di un business sostenibile.
Nel video realizzato per Gruppo IREN, invece, si è scelto di parlare attraverso i numeri: è possibile “dare forma al domani ogni giorno”, con 2,8 milioni di tonnellate di Co2 evitate, 740 000 TEP (Tonnellata Equivalente di Petrolio) risparmiate, il 76% di energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile e da cogenerazione ad alto rendimento; più di 2000 dipendenti donne e ben 46 072 persone verranno coinvolte in 110 progetti di educazione alla sostenibilità Eduiren e altri progetti a favore della comunità.
Un corporate video per raccontare il tema è stato quello realizzato per Florim Ceramiche, multinazionale estremamente attenta a tutto ciò che ruota attorno alla sostenibilità. Lo dimostrano i fatti: negli ultimi anni ha investito oltre 40 milioni di euro per rendere l’intera filiera e i suoi stabilimenti meno impattanti sul pianeta, e per questo ha ottenuto la certificazione B Corporation, il massimo riconoscimento in questo ambito. Abbiamo raccontato il suo impegno in un video, raccogliendo le opinioni dei dipendenti che in prima persona osservano l’intenzione di Florim di investire nella salvaguardia del pianeta.
Un’altra tipologia di racconto video è quella che Social Content Factory ha curato per Granarolo: adottando un tono ironico ma coinvolgente, nel susseguirsi di immagini e interviste, ha spiegato visivamente l’impegno della filiera del latte. Partendo da una domanda: “Uno yogurt può cambiare il mondo? Forse no, ma il suo packaging sì”, ha elencato tutte le azioni pianificate- tra cui convertire 185 milioni di vasetti, passando da plastica a carta entro l’anno- a sostegno della Shelf Life (vita del prodotto). L’obiettivo è ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 30% entro il 2030.
Mapei, azienda leader mondiale nella produzione di adesivi, sigillanti e prodotti chimici, persegue da anni la missione di approdare a un’edilizia sostenibile, offrendo soluzioni di qualità che riducano gli interventi di manutenzione e offrano agli edifici una maggiore durata. Grazie alla nuova linea Zero, le emissioni di CO? saranno compensate dall’acquisto di crediti di carbonio certificati a sostegno di progetti di energia rinnovabile e protezione delle foreste. Al fine di valorizzare e diffondere la missione dell’azienda, vicina al pianeta, alle persone e alla biodiversità, Social Content Factory ha tradotto il progetto in cinque video, impostati su due toni di voce diversi: in un primo spot, diretto da Nicola Bettoni, i prodotti e i valori sono stati presentati in un clima emozionale crescente, mentre nei quattro short video comedy, diretti da Ermanno Bonazzi, gli articoli e il loro impatto concreto sull'ambiente sono stati restituiti in gag rapide e ironiche. L’obiettivo era rivolgersi a un target di pubblico misto, formato da progettisti, posatori, architetti e clienti finali, coinvolgendoli in egual maniera, in una commistione calibrata tra contenuti e impasse emotivo.
Articolo a cura di Isabella Garanzini, Group Head of Storytelling presso The Story Group